Pomeriggi di gioco per “Crescere Insieme” a Caritas
Così Caritas aiuta mamme e bambini a integrarsi per sentirsi meno soli e costruirsi un futuro
Imparare ad essere genitori consapevoli in un paese straniero, con una cultura, leggi, medicine e anche cibi diversi. È questo l’obiettivo del progetto di Caritas Ferrara Crescere Insieme, rivolto alle mamme e ai bimbi che fanno parte del più ampio progetto di accoglienza per richiedenti asilo.
Caritas Ferrara ospita circa 130 tra donne, bambini e nuclei familiari. Di questi, una trentina di bimbi sotto i sei anni partecipano al progetto, che è nato quasi un anno fa, a giugno del 2023, proprio per favorire lo sviluppo del benessere del bambino e aiutare il genitore ad accompagnare nella maniera più giusta questo percorso.
«Crescere Insieme coinvolge i bimbi stranieri che per motivi burocratici non riescono a entrare negli asili o nei centri per le famiglie – spiega Marika, assistente sociale di Caritas Ferrara – le madri non hanno ancora i documenti in regola e di conseguenza non possono per esempio avere lo Spid e questo le taglia fuori dal sistema. Volevamo sviluppare delle attività per questi bimbi e favorire la loro inclusione».
Le attività poi si sono moltiplicate a seconda dei bisogni espressi dai diretti interessati e ad oggi, all’interno del progetto Crescere Insieme, sono previsti appuntamenti dedicati al massaggio infantile e alle consulenze pediatriche.
«Uno dei momenti più belli è quando, il mercoledì pomeriggio, grazie al coinvolgimento di un gruppo di ragazzi volontari, i bambini giocano tutti insieme – racconta Marika – in questo modo imparano a interagire tra di loro, a socializzare. Ci sono bambini che a 3 – 4 anni ancora non parlano bene nessuna lingua perché sono esposti a tante lingue diverse, parlano italiano con noi operatori, un’altra lingua con la madre, magari un’altra ancora con le persone con cui condividono l’abitazione. Questi momenti sono importanti per capire se una difficoltà nell’esprimersi è legata solo alla lingua o magari nasconde dei problemi di altro tipo. A volte partecipa anche una neuropsichiatra volontaria che fa da filtro per segnalare eventuali situazioni particolari alla neuropsichiatria infantile. E poi sono momenti pensati anche per dare un po’ di relax alle mamme».
Altro momento particolarmente importante è quello dei gruppi psicosociali e orientamento al territorio. Si parla con le madri di diritti delle donne, dei bambini, delle tutele che ci sono in Italia per entrambi.
«Grazie a questi incontri cerchiamo di far capire a queste ragazze, anche con esempi concreti, una nuova cultura – sottolinea Lorena, psicologa del progetto Crescere Insieme – allestiamo anche piccole scene teatrali, attività pratiche, così da far capire ancora meglio come ci si deve comportare in certe situazioni. I gruppi psicosociali sono momenti molto belli, perché viene fuori tutto. Le mamme si aprono, condividono, è un raccontarsi a vicenda, un interscambio continuo, anche noi operatori ci svestiamo del nostro ruolo, si respira un’aria più leggera e rilassata e anche noi impariamo da loro perché escono racconti inerenti la loro cultura. Si mettono in gioco molto di più che nei colloqui singoli».
Tutte le attività del progetto nascono dall’analisi delle reali difficoltà incontrate da queste madri: comportamentali, linguistiche, nutrizionali, ogni idea è pensata per lavorare su un’esigenza. In Somalia, Costa d’Avorio, Guinea, solo per citare alcuni dei paesi da cui provengono queste donne, è tutto diverso.
Rientra nel progetto Crescere Insieme anche Le parole della nascita, un percorso di accompagnamento alla nascita per mamme straniere, appena arrivate in Italia, che non avendo ancora i documenti non possono frequentare i corsi dei Centri per le famiglie.
Marika ha 29 anni e viene da Palermo. Lavorava già per la Caritas della sua città ma quando ha avuto un’offerta da quella di Ferrara “il suo cuore” le ha detto di trasferirsi qui. E così ha fatto nell’ottobre del 2021. “Sono rimasta colpita dalle attività che facevano in vari ambiti, dall’immigrazione alla povertà. C’è sempre stata una grande attenzione per donne e bambini e io volevo dare una mano perché queste donne potessero diventare autonome”.
Lorena di anni ne ha 30, viene da Napoli ma vive a Bologna. «Ho un master in psicologia dell’emergenza e ho lavorato in un Cpr (Centro di permanenza per i rimpatri) per soli uomini a Milano. Ero stanca del contesto, del fare avanti e indietro. Caritas Ferrara stava cercando, ho visto l’annuncio, ero più vicino a casa, potevo lavorare con donne, per me era un sogno. Qui c’è un’equipe bellissima che mi ha subito fatta sentire parte integrante di tutti i progetti».
Di questa equipe e del progetto Crescere Insieme fa parte, come volontaria, anche Bernardetta, 71 anni, pediatra in pensione.
«Ho spesso lavorato con pazienti immigrati: albanesi, serbi, croati, bosniaci, africani. Alla Caritas sono arrivata perché abito vicino alla sede di via Brasavola. Sono volontaria da gennaio del 2024: una volta alla settimana incontro mamme e bambini ma non è una visita pediatrica, è più una consulenza su quello che una mamma può percepire come problema. Ad esempio molte si lamentano perché il bimbo non dorme. Ma tanti bambini, anche italiani, hanno questo problema. In questo caso si tratta di piccoli che stanno molto fermi. L’attività del mercoledì pomeriggio li fa giocare e muovere tutti insieme, con i cubi, i lego, con tutto ciò che si può costruire. Viene stimolata la fantasia del gioco, il movimento, la corporeità, si legge, si disegna con le mani e con i piedi, si ascolta la musica e si balla. E anche le mamme imparano a giocare con i loro bambini. Più la mamma si rilassa più il bimbo dorme. Cerchiamo di far capire l’importanza del camminare, del movimento, dell’andare in bicicletta.
Altro problema sentito, lo svezzamento: evitiamo di dare troppe regole, vediamo come stanno i bambini, se sono sani, ma non ci sono bimbi denutriti o malnutriti».
Come per Marika e Lorena, anche per Bernardetta questo lavoro è fonte di arricchimento.
«Mi affascinano le persone di ogni cultura, perché ci diamo qualcosa a vicenda. In Caritas sono rimasta colpita dagli operatori, hanno l’accoglienza nel cuore, provano affetto vero, per loro gli ospiti non sono casi ma mamme e bambini con nomi e cognomi, è un valore aggiunto, un dato davvero qualificante».
Tra le mamme che partecipano al progetto Crescere Insieme c’è Nuura, 19 anni. Arriva dalla Somalia e mentre racconta la sua storia suo figlio Aman, che ha un anno e mezzo, dorme abbracciato a lei.
«Sono partita dalla Somalia perché c’era la guerra ma il motivo principale è che non avevo un buon rapporto con mio marito, volevo separarmi da lui ma ogni volta la famiglia mi faceva ritornare, così sono scappata con dei trafficanti. Ero già incinta, abbiamo attraversato Etiopia e Sudan e siamo arrivati in Libia, lì ho partorito nell’ottobre del 2022».
Un anno dopo Nuura e Aman salgono su un barcone in direzione Sicilia. Vengono raggiunti in mare da un’altra imbarcazione e trasportati a Lampedusa. È il 30 settembre del 2023. Dopo quattro giorni in una struttura viene trasferita a Bologna e la Caritas di Ferrara la va a prendere. Oggi vive a Ferrara in una casa insieme ad altre mamme con i loro bambini. Non sono tutte somale, per capirsi parlano un po’ in arabo, un po’ in italiano e un po’ a gesti.
«Sono contenta di stare qui, frequento corsi di italiano, vedo psicologi e assistenti sociali, mi insegnano come muovermi sul territorio, che documenti devo avere».
Nuura è una richiedente asilo, ha già fatto richiesta per lo stato di rifugiato ma ci vuole tempo. La Somalia è un paese ufficialmente in guerra e quindi il percorso è più veloce di altri, ma parliamo sempre di uno o due anni per avere il riconoscimento. Una volta ottenuto vorrebbe restare in Italia.
«Vorrei trovare un lavoro, imparare bene la lingua, essere una donna indipendente e poter crescere mio figlio».
La conversazione con Nuura, che per ora parla solo somalo, non sarebbe potuta avvenire senza l’aiuto di Rabbiia, mediatrice culturale.
«Ho 47 anni. Sono nata in Somalia ma vivo in Italia da 32 anni. All’inizio del 1992 sono scappata dalla guerra, avevo un fratello che già viveva in Italia e volevo raggiungerlo. Sono partita da Merka verso il Kenya, in barca, un viaggio lungo tre notti e tre giorni con mia sorella e sua figlia. Sono rimasta in Kenya fino al 22 maggio del 1992 quando mio fratello è venuto a prendermi per motivi di studio perché mi aveva iscritto alla Città del Ragazzo. Dopo due anni ho iniziato a lavorare nell’abbigliamento e non mi sono mai fermata, ho fatto anche la commessa. Più o meno 8 anni fa la Caritas mi cercò perché aveva bisogno di somali che parlassero italiano e io accettai con entusiasmo, mia figlia andava a scuola, facevo un lavoro part time e avevo del tempo libero. Pensavo di fare volontariato, poi è diventato un lavoro. All’inizio piangevo, poi ho imparato a gestire le emozioni. Le mamme che arrivano non sanno nulla di noi e viceversa, quindi il primo contatto serve per tranquillizzarle, per capire da dove vengono, chi sono. Non c’è subito fiducia, bisogna guadagnarla. Uno dei momenti più belli che ho vissuto è stato accompagnarle in ospedale per partorire, io ero la figura di riferimento, mi sono sentita davvero utile. I momenti di pesantezza sono tanti, ma insieme a volontari e operatori condividiamo sensazioni ed emozioni».