L’ emporio in carcere di Caritas Ferrara
L’emporio che Caritas gestisce all’interno del carcere di Ferrara è soprattutto un modo per cercare di far sentire i detenuti meno isolati dal resto del mondo.
“Due mattine a settimana, il lunedì e il giovedì, apriamo questa stanza per distribuire generi di prima necessità ai detenuti indigenti – spiega Michele, operatore – forniamo abbigliamento, prodotti per igiene personale e alimenti di conforto. Cerchiamo di trovare piccole soluzioni a tante situazioni di povertà materiale”.
Le richieste sono molte ed è stato necessario stabilire dei criteri per l’accesso: il detenuto che ha una disponibilità sul conto corrente del carcere di meno di 100 euro può accedere all’emporio e a quello che si trova già lì gratuitamente, chi ha più di 100 euro può comunque chiedere di acquistare a proprie spese prodotti che non sono inclusi nell’elenco “del sopravvitto”. Di cosa si tratta? Il carcere garantisce il vitto ai detenuti che possono però comprare anche prodotti “in sopravvitto”, extra. In questo elenco non sono comprese per esempio scarpe, mutande, occhiali e allora, con il progetto dell’emporio, Caritas integra e fa gli acquisti per conto dei detenuti con una maggiore disponibilità economica.
“Avviene tutto un po’ vecchio stile – sottolinea uno dei volontari, Mauro – abbiamo una postazione informatica ma non il collegamento a internet, quindi stampiamo un catalogo cartaceo dei prodotti da cui il detenuto può scegliere una maglia, le scarpe o altro”.
Il progetto dell’emporio è nato nel 2021 e in tre anni 550 detenuti ne hanno usufruito. La media è di circa 150 all’anno.
I volontari e gli operatori Caritas incontrano anche detenuti che educatori ed educatrici segnalano per la possibilità di accedere a misure alternative, affidamento ai servizi sociali, regime di accoglienza o semi libertà oppure detenuti che possono diventare volontari o beneficiari di permessi premio sempre in Caritas. “Quando escono vengono a cercare sostegno, umano oltre che economico – sottolinea Michele – noi cerchiamo di definire per loro un percorso di partecipazione sociale coinvolgendoli nel volontariato e comunque offrendogli i servizi che Caritas mette a disposizione di tutti gli indigenti: dalla mensa all’ambulatorio al guardaroba”.
Come ci si avvicina a un’esperienza di volontariato in carcere, in un ambiente sicuramente particolare e difficile?
Ce la raccontano Mauro, Tom ed Edoardo.
“A livello burocratico è un percorso che richiede tempo, si dà la propria disponibilità e poi devono essere fatti dei controlli per poter entrare in carcere. Una volta ottenuto il nulla osta, la routine è semplice: il lunedì e il giovedì entriamo dalla guardiola, ci danno il pass, superiamo diversi livelli di sicurezza, arriviamo all’emporio e cominciamo con la verifica delle richieste. Le domande devono essere vidimate dall’ufficio conti correnti del carcere, i detenuti possono venire ogni 15 giorni, se la domanda è in regola la riportiamo in guardiola e la polizia penitenziaria poi ci porta il detenuto”.
L’emporio è aperto dalle 9 alle 11,30 e in media si presentano tra le 15 e le 20 persone, ricevono indumenti, alimenti come cracker, biscotti, oppure prodotti per l’igiene come dentifricio o bagnoschiuma. Sono tutti generi già presenti nell’emporio, messi a disposizione da Caritas, anche grazie a fondi di privati o altre associazioni come la Ceramica Sant’Agostino o i Lions di Ferrara.
“L’emporio ci permette, oltre che di rispondere ai loro bisogni materiali, di incontrare i detenuti e valorizzare la relazione con le persone – lo sa molto bene Mauro, volontario di Caritas dal 2021, quando è iniziato questo servizio in carcere – ho 71 anni e sono in pensione, mi è arrivata l’informazione che c’era bisogno di volontari, non avevo mai partecipato a un progetto di volontariato in carcere, le cose nuove mi piacciono e così ho provato. Dopo tre anni continuo con lo stesso entusiasmo, l’aspetto bello è dato dalla possibilità di aiutare queste persone, che ti fanno anche arrabbiare a volte, ma sento che hanno il bisogno di avere questa opportunità di parlare con qualcuno esterno, di un incontro umano”.
Tom e la moglie sono arrivati dalla Scozia nel 2017, dopo essere andati in pensione. Lei è stata la prima a diventare volontaria in Caritas e poi piano piano ha convinto anche Tom.
“In Scozia non c’è questa tradizione così forte del volontariato. Io l’ho trovata molto interessante perché si aiuta gente che non ha abbastanza denaro, persone che hanno famiglie lontane o povere, non in grado di mandare fondi al detenuto. La maggior parte di loro sono educati, apprezzano quello che facciamo, ci ringraziano, poi ci sono anche quelli più difficili da gestire o con cui è complicato interagire: detenuti che non parlano in italiano e allora quando scoprono che parlo anche inglese si aprono di più. Alcuni sono esigenti, va detto, magari vogliono scarpe di un certo tipo e noi non le abbiamo e non possiamo procurargliele, a meno che non abbiano sopra i 100 euro sul conto, a quel punto gliele possiamo recuperare e provare ad accontentarli”.
Anche Edoardo, 60 anni, è diventato volontario Caritas dopo la pensione: “Volevo mettere a disposizione il mio tempo libero, ho cercato su internet e ho trovato Caritas, ho scelto il carcere perché mi sembrava l’esperienza più utile. Dopo un periodo di verifiche, dove ho fatto altre attività, alla fine del 2021 ho ottenuto l’autorizzazione e ho iniziato. Incontriamo giovani, anziani, italiani, stranieri, c’è chi capisce subito che stai facendo un servizio per loro, altri che ci mettono più tempo. Alcuni sono un po’ prepotenti, però alla fine apprezzano, magari non sono soddisfatti perché non riescono ad avere quello che vogliono ma non sono mai eccessivi. È una cosa che continuo a fare volentieri perchè ti rendi conto che stai facendo del bene anche a chi è scontento, se viene all’emporio è perchè ha bisogno. C’è qualche detenuto che si ferma anche solo a chiacchierare e permette a te di dargli qualcosa, ma anche di capire quanto può essere complicata la vita, è un assaggio di vita reale”.
Massimiliano, 53 anni, era uno di quelli a cui piaceva parlare: “Sono stato arrestato nel 2019 e, come molti detenuti, non sapevo come mantenermi, anche facendo piccoli lavori si fa fatica. L’emporio mi ha dato una grossa mano, vai a prendere un bagnoschiuma, un asciugamano, un pacco di caffè. È un aiuto fondamentale, specie se non hai nessuno fuori che ti possa mantenere. L’emporio mi è servito anche per incontrare persone che mi hanno aiutato fuori. Dopo 3 anni in carcere, tramite l’educatrice, ho conosciuto la Caritas e i suoi progetti, Michele si è offerto di ospitarmi presso il Centro San Giacomo dove condivido un piccolo appartamento con altri detenuti in misura alternativa. Il centro si trova in via Arginone, la stessa via del carcere: un “trasloco” di poche centinaia di metri che però rappresenta per me un passo decisivo verso un futuro migliore. Al momento sono in affidamento ai servizi sociali e faccio diversi lavori come volontario, sono bravo con i lavori manuali, in passato ho montato finestre, ho fatto il carrozziere, il meccanico, me la cavo in diversi ambiti. Il mio fine pena è nel 2025 sulla carta, poi vediamo cosa succede, spero di poter trovare un lavoro, una casa e so che Caritas mi aiuterà anche in questo perchè non abbandonano nessuno”.