Il ricordo di Papa Francesco

“Ha presieduto nella carità la Chiesa, ricordandoci continuamente la scelta preferenziale per i poveri”

 

Il saluto del Vescovo

Per la comunità ferrarese di Caritas, si sono susseguiti giorni intensi di fede, raccoglimento, preghiera e cordoglio. Dopo la Santa Pasqua, il Lunedì dell’Angelo con la perdita di una guida spirituale che tanto ha fatto per i poveri, gli ultimi e gli emarginato a cui dedichiamo il nostro impegno quotidiano. Poi il 23 aprile, il giorno del nostro Santo Patrono San Giorgio, ha nuovamente riunito la comunità cristiana in una profonda riflessione, che ruota attorno alle parole che l’Arcivescovo di Ferrara e Comacchio Monsignor Gian Carlo Perego, presidente di Caritas Ferrara, ha indirizzato ai Presbiteri dell’Arcidiocesi per la morte di Papa Francesco.

“Cari Presbiteri,

la notizia della morte di Papa Francesco ci ha svegliato il Lunedì dell’Angelo, giorno pasquale, mentre le donne, “abbandonato in fretta il sepolcro con timore e gioia grande, corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli” – ci ha ricordato la pagina evangelica di Matteo. Nel giorno di Pasqua Lui stesso, all’Angelus, ci aveva benedetto e augurato Buona Pasqua.

Ringraziamo e lodiamo il Signore per il dono di un Papa che ha presieduto nella carità la Chiesa, ricordandoci continuamente la scelta preferenziale per i poveri della Chiesa. Fino all’ultimo giorno, quando nel messaggio ‘urbi et orbi’, quasi un testamento, ha ricordato le violenze e i conflitti nel mondo, ma anche nelle famiglie, e “quanto disprezzo si nutre a volte verso i più deboli, gli emarginati, i migranti”, invitando tutti alla speranza. Lo accompagniamo, con le nostre comunità, nella preghiera, in questi giorni che precedono il rito delle esequie. Il Cristo risorto lo aspetta sulla porta della casa del Padre misericordioso”.

L’omelia di San Giorgio

Il tributo a Francesco è ritornato anche nell’omelia dell’Arcivescovo, nel giorno del Patrono di Ferrara. “Francesco, magistero profondo”, è il saluto di monsignor Perego.

«Subito il riferimento al patrono, San Giorgio, ma poi il ricordo di papa Bergoglio di cui, ieri, era l’onomastico. E’ cominciata così – come ha riferito il quotidiano locale Il Resto del Carlino di Ferraral’omelia dell’arcivescovo Gian Carlo Perego pronunciata nel corso dell’affollata messa della mattinata (animata dalla Comunità Shalom) nell’antica basilica oltre il Volano, dedicata appunto a San Giorgio.

In apertura il saluto del rettore del santuario don Giovanni Polezzo. Il titolare della nostra diocesi, da sempre vicinissimo a Francesco, ha voluto ricordarlo e ringraziarlo “per un Magistero ricco e profondo che ci ha orientati in questi dodici anni del suo Pontificato”. Più avanti, citando l’enciclica “Fratelli tutti”, Perego affermerà che occorre rifuggire la tentazione di attuare “una cultura dei muri, di alzare i muri, muri nel cuore, muri nella terra per impedire l’incontro con altre culture, con altra gente”.

Se questi sono stati i riferimenti diretti al Papa, altri passaggi dell’intervento dell’arcivescovo sono stati chiaramente in linea con l’insegnamento di Bergoglio: “La Chiesa che cresce dopo la Pasqua, che si diffonde nelle città – ha infatti osservato Perego – porta questo stile nuovo, di preferenza per gli ultimi, di prossimità, ma anche di amore alla verità e alla giustizia”. Valori e stili, dunque, traslati nella realtà odierna e cittadina dove la fede giunse con i cristiani e si rafforzò nei secoli: “Una fede che era capace di lasciarsi guidare anche dall’intelligenza, dalla cultura e che ha generato santi, profeti, che hanno avuto il coraggio di scelte radicali”: dalla Beata Beatrice d’Este a Santa Caterina Vegri, dal Beato Tavelli al profeta Girolamo Savonarola “che condanna l’usura e una politica che guarda solo l’interesse personale e familiare” fino “ai Servi di Dio del nostro tempo, Suor Veronica e Padre Marcello”.

Poi una domanda diretta sulla quotidianità: “C’è ancora fede in questa città?” La risposta per l’arcivescovo “non può che essere positiva. La fede attraversa, senza clamore le strade, le case, le famiglie, le chiese, i monasteri. E’ una fede di pochi? Non sono pochi che hanno la fede, forse sono pochi quelli che frequentano l’Eucarestia domenicale: tra il 5% e il 10%! Ma anche loro sono un tesoro della nostra città: un tesoro di fedeltà, di preghiera, di partecipazione alla vita delle nostre comunità parrocchiali e unità pastorali, di volontariato, di lavoro e di impresa, di sofferenza nelle case di cura, di fatica educativa”.

Infine l’analisi: “Forse c’è bisogno che questa fede, soprattutto di tanti laici, diventi più vita, movimenti maggiormente la nostra vita ecclesiale e sociale almeno su alcuni temi importanti per la vita della città: la solidarietà verso i più poveri, la lotta a ogni forma di violenza e l’impegno educativo per la pace, la cura degli anziani, la partecipazione alla vita politica, a partire dal voto”.

Sullo sfondo i problemi di sempre. La denatalità crescente e la vita che muore. E ancora: la famiglia con le sue difficoltà: “Senza famiglia la città continua a morire. Sulla famiglia cristiani e non cristiani si devono interrogare insieme”. La concretezza della fede incarnata: “La famiglia ha bisogno di una casa. Il tema, vitale, non può essere lasciato solo al mercato, ma ha bisogno di un nuovo impegno pubblico”. Alla famiglia occorre anche “un ambiente curato, non inquinato e luoghi educativi che la supportino”. La scuola dal canto suo non basta ma va affiancata da “associazioni e centri giovanili, esperienze diverse, sportive, musicali, la stessa contrada, che offrano non solo luoghi, ma cammini educativi, relazioni importanti per la crescita e le scelte dei giovani, con figure educative al fianco”».

Una settimana di lutto

Il Governo ha indetto 5 giorni di lutto per ricordare la perdita di Papa Francesco. Una settimana che sarà scandita da diversi momenti:

– si invita a celebrare in parrocchia, nei santuari e in ogni oratorio pubblico una Santa Messa per il Pontefice defunto (Messale Romano, pp. 877-878), scegliendo le letture dal Lezionario delle Messe rituali (ivi pp. 598-675)

– per nove giorni, a partire dalla sua scomparsa, ricorderemo Papa Francesco nel ‘memento’ dei defunti del Canone

– si omette la menzione del Papa al ‘memento’ dei vivi

– in seguito alla comunicazione ufficiale della data delle esequie del Santo Padre Francesco fissate per sabato 26 aprile alle ore 10, la veglia di preghiera prevista nella stessa sera in Cattedrale a Ferrara a partire dalle ore 21, viene anticipata a venerdì 25 aprile nel medesimo luogo e orario.

– oltre che in Cattedrale a Ferrara, anche nella Concattedrale di Comacchio si terrà una veglia di preghiera sempre venerdì 25 aprile alle ore 21

Domenica prossima, domenica della Divina Misericordia, siamo invitati in tutte le celebrazioni eucaristiche a ricordare il defunto Papa Francesco con la seguente preghiera dei fedeli: “Per il nostro Papa Francesco: perché contempli in eterno il mistero di pace e di amore che Egli come vicario di Pietro e pastore della Chiesa dispensò fedelmente alla tua famiglia. Preghiamo”.

 

“Il Premio Stampa è di volontari e operatori, una presenza viva, reale, “tutta sostanza””

“Questo è un premio che va a tutti i volontari e agli operatori” con queste parole Michele Luciani, uno degli operatori di Caritas Ferrara, ha ritirato, insieme al presidente Monsignor Gian Carlo Perego, vescovo della Diocesi di Ferrara e Comacchio, il Premio Stampa 2025, assegnato il 5 aprile scorso dall’ Associazione Stampa Ferrara. Un premio ricevuto “per l’impegno e il valore del ruolo che Caritas riveste nel promuovere e testimoniare la carità della comunità ecclesiale a vantaggio di chi è in forte difficoltà”.

“Quando si è saputo che il premio sarebbe andato a Caritas – racconta Luciani – si è subito percepito l’ entusiasmo, perché in qualche modo ogni volontario sentiva di essere stato premiato lui, che attraverso di lui fosse stata premiata la Caritas e viceversa e questo testimonia il valore della comunità che dà senso al nostro servizio quotidiano, un servizio immune dal rischio della vanità. Ciò che fanno i volontari è tutta sostanza. La loro testimonianza è nella vicinanza ai poveri, alle persone sole, ai malati, ai reclusi, alle famiglie in difficoltà, ai migranti. La ricchezza di voci, il racconto corale e di comunità che si crea con tutto questo fa di Caritas una presenza viva e reale”.

“La Caritas è il volto della Chiesa nei confronti degli ultimi – sottolinea Monsignor Perego – e vive di questa rete di volontariato, di queste testimonianze di carità di ogni cristiano e del gran lavoro del direttore Paolo Falaguasta e di tutti gli operatori”.

Il vescovo ha poi voluto ricordare come da sempre Caritas ritenga la comunicazione un elemento che merita molta attenzione: “I messaggi, le campagne di informazione, sono fondamentali per far conoscere una realtà sicuramente difficile e complessa ma anche le risorse che ne fanno parte e che si impegnano ogni giorno per cercare di migliorarla”.

Di seguito una piccola rassegna stampa, a proposito di comunicazione, sul Premio Stampa:

Il Resto del Carlino:

La Nuova Ferrara:

Estense.com: https://www.estense.com/2025/1127245/premio-stampa-alla-caritas-diocesana/

Cronaca Comune: https://www.cronacacomune.it/notizie/55257/premio-stampa-2025.html

Telestense: https://www.telestense.it/il-premio-stampa-2025-assegnato-alla-caritas-diocesana-20250405.html


ANSA
https://www.ansa.it/emiliaromagna/notizie/2025/04/05/monsignor-perego-riceve-il-premio-della-stampa-ferrarese_10e38ef6-dce5-49dc-891c-c25cca738ece.html

ASSOCIAZIONE STAMPA E-Rhttps://www.aser.bo.it/ferrara-consegnato-alla-caritas-il-premio-stampa/

FEDERAZIONE STAMPA ITALIANAhttps://www.fnsi.it/ferrara-il-premio-stampa-2025-alla-caritas-diocesana

ASSOCIAZIONE STAMPA FERRARAhttps://www.assostampaferrara.it/consegnato-il-premio-stampa-alla-caritas-diocesana/

Qui le parti della diretta della consegna del premio:

PARTE 1: https://www.facebook.com/share/r/1YjzkNWDVy/

PARTE 2: https://www.facebook.com/share/r/1RUxYTbvAC/

PARTE 3 (con la consegna vera e propria): https://www.facebook.com/share/r/15RzpAYKwC/

E qui potete vedere il video che abbiamo realizzato per l’occasione: https://www.facebook.com/caritasferrara/videos/9543192795787612

Grazie a tutti coloro che spendono tempo, risorse e parole per essere sempre e comunque dalla parte degli ultimi: condividiamo questo premio con voi!

Consegnato a Caritas Ferrara il Premio Stampa 2025

Il fenomeno delle povertà nelle sue diverse declinazioni, le risposte ai bisogni crescenti delle persone che ne soffrono, l’impegno quotidiano di coloro che le ascoltano e le aiutano. Inoltre, il legame di tutto ciò con il mondo dell’informazione e il ruolo dei giornalisti. Questi i temi del Premio Stampa 2015 che si è svolto sabato 5 aprile a Palazzo Naselli Crispi, organizzato da Associazione Stampa Ferrara e Associazione Stampa Emilia Romagna.

La cerimonia

Momento culminante della mattinata la cerimonia di premiazione della Caritas diocesana Ferrara e Comacchio, riconoscimento attribuito dall’assemblea dei soci di AsFe all’organismo pastorale “per l’impegno e il valore del ruolo che riveste per promuovere e testimoniare la carità della comunità ecclesiale a vantaggio di chi è in forte difficoltà”. A ritirare il premio – un’opera realizzata dalla studentessa del Liceo artistico “Dosso Dossi” Martina Taddia e consegnata dalla presidente di AsFe Antonella Vicenzi – è stato l’arcivescovo monsignor Gian Carlo Perego, affiancato dagli operatori e dai volontari Caritas.

Gli interventi

La cerimonia, condotta da Stefano Ravaioli e ospitata nella splendida sede gentilmente concessa dal Consorzio Bonifica Pianura di Ferrara, è stata preceduta da un corso di formazione, perfezionato con l’Ordine dei giornalisti e la Fondazione giornalisti dell’Emilia Romagna, dal titolo “Vecchie e nuove povertà: il ruolo dell’informazione”. Dopo i saluti di Paolo Maria Amadasi (presidente Associazione ) e l’introduzione di Antonella Vicenzi, sono intervenuti monsignor Gian Carlo Perego (sul tema “Fili d’erba tra le crepe: Rapporto povertà 2024 di Caritas Italiana”), il direttore di Caritas italiana don Marco Pagniello su “Mi fido di noi – Il progetto di microcredito della Caritas per il Giubileo: in sostegno e aiuto alle persone e alle famiglie in difficoltà”, il vicario della Diocesi monsignor Massimo Manservigi (“Un direttore speciale nella storia della Caritas diocesana: un ricordo di Mons. Paolo Valenti, scomparso nel 2022, per 20 anni guida della Caritas cittadina) e Matteo Naccari (segretario generale aggiunto Federazione Nazionale della Stampa Italiana) sull’argomento “Povertà e Pil: come leggere i dati e raccontarli senza distorsioni”, al quale ha collegato la crisi che vive il settore dell’informazione e la mobilitazione del sindacato nelle vertenze in corso a tutela dei cronisti e per un giornalismo di qualità al servizio dei cittadini. A coordinare Alberto Lazzarini (vicepresidente dell’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia Romagna). Ai relatori è stata donata una litografia celebrativa dei 130 di vita di AsFe, opera dell’artista Gianni Cestari.

Le autorità

Alla giornata – che ha ottenuto il patrocinio della Regione Emilia Romagna, del Comune e della Provincia di Ferrara – sono intervenuti il prefetto Massimo Marchesiello, il presidente della Provincia Daniele Garuti, i consiglieri regionali Marcella Zappaterra e Paolo Calvano, l’assessore comunale Cristina Coletti, il presidente del Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara Stefano Calderoni, rappresentanti di Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza. L’appuntamento è per le prossime iniziative organizzate in concomitanza del 130esimo anniversario della fondazione di AsFe.

Caritas Ferrara per l’emergenza terremoto in Myanmar

Alle diseguaglianze socioeconomiche, alla fortissima instabilità politica, alla presenza di diversi
eserciti irregolari, ai regolari scontri a mano armata, ai bombardamenti che colpiscono soprattutto
la popolazione civile, si aggiunge questa nuova emergenza umanitaria.

Caritas Ferrara si unsice alla Caritas Italiana nelll’esprimere solidarietà alla popolazione colpita.

L’appello

“Le persone hanno bisogno di cibo, di un riparo, di medicine e di tutti i generi di prima necessità. Più di ogni altra cosa, il nostro popolo ha bisogno di pace, non dell’angoscia che si scatena a causa della crisi multidimensionale”. Card. Charles Bo, arcivescovo di Yangon

 

La solidarietà della CEI

La Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana esprime solidarietà alle popolazioni colpite dal sisma che venerdì 28 marzo ha devastato il Myanmar, con impatto anche su altri Paesi. Il terremoto, con epicentro nella regione di Mandalay, ha provocato migliaia di morti, feriti e sfollati oltre a distruggere abitazioni e infrastrutture.

“Ci facciamo prossimi alle sorelle e ai fratelli del Myanmar: a loro giunga il nostro cordoglio e la nostra vicinanza. Preghiamo per le vittime, tra cui tantissimi bambini, e per i loro familiari, assicurando il sostegno delle nostre Chiese”. Card. Matteo Zuppi, presidente della CEI

Per far fronte all’emergenza, la Presidenza della CEI ha deciso un primo stanziamento di 500mila euro dai fondi dell’8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica: servirà per i primi soccorsi, coordinati da Caritas Italiana che, fin dal primo momento, è in contatto diretto con KMSS (Karuna Mission Social Solidarity, la Caritas in Myanmar) e con la rete internazionale della Caritas.

È possibile contribuire agli interventi di Caritas Italiana per l’emergenza, utilizzando il conto corrente postale n. 347013, o donazione on-line, o bonifico bancario specificando nella causale “Emergenza Myanmar” tramite:

Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma – Iban: IT 24 C 05018 03200 00001 3331 111
Banca Intesa Sanpaolo, Fil. Accentrata Ter S, Roma – Iban: IT 66 W 03069 09606 100000012474
Banco Posta, viale Europa 175, Roma – Iban: IT 91 P 07601 03200 000000347013
UniCredit, via Taranto 49, Roma – Iban: IT 88 U 02008 05206 000011063 119

Il terremoto

Il 28 marzo 2025, alle 12:50, un potente terremoto di magnitudo 7,7 ha colpito il Myanmar centrale con
epicentro vicino a Sagaing, circa 34 chilometri a nord della città. Il terremoto ha avuto un forte impatto
nelle principali città, tra cui Yangon, Mandalay, Naypyidaw, Sagaing, Aungpan, Bago, Kalay, Magway,
Kyaukse, Muse e Yinmapin e alcune parti di Shan East e Taunggyi. Di conseguenza, ci sono stati danni
significativi ai servizi pubblici e alle infrastrutture quali monasteri, moschee, pagode, seminari e chiese,
scuole, ospedali, banche, alberghi, aeroporti, edifici residenziali, ponti, strade ad alta percorrenza. La
fornitura di elettricità e le telecomunicazioni sono rimaste interrotte in molte regioni del Myanmar. I gruppi
di volontariato, la popolazione locale e le organizzazioni non governative presenti sul posto hanno
effettuato le operazioni di evacuazione e di monitoraggio per valutare la portata e l’impatto dei danni. Le
autorità hanno cominciato a valutare i danni e coordinano gli sforzi di risposta all’emergenza.
Il terremoto è arrivato senza preavviso, causando distruzioni diffuse e colpendo gravemente i civili che non
hanno avuto il tempo di prepararsi. L’impatto si è esteso ai Paesi limitrofi – Tailandia e Bangladesh – con
forti scosse in alcune parti della Cina e dell’India.

La devastazione

Le strade e le vie di comunicazione sono danneggiate o interrotte e gli spostamenti verso le località colpite
sono limitati.
Il terremoto ha provocato interruzioni di corrente e ha interrotto le linee di comunicazione. I dettagli su
feriti e morti sono ancora in fase di identificazione, al momento si parla di 1.700 morti ma il numero è
purtroppo destinato a salire. I soccorritori sono ancora al lavoro per salvare i superstiti, evitare possibili
epidemie, liberare i primi detriti.
Il Comitato nazionale per la gestione dei disastri naturali del Myanmar ha dichiarato lo stato di emergenza
in molte regioni del Myanmar, come Mandalay, Sagaing, Magway, Bago, la zona nord-orientale dello Stato
Shan e l’area del Consiglio di Naypyidaw. Migliaia di persone a Mandalay sono rimaste in strada e nei luoghi
pubblici per tutta la notte a causa delle preoccupazioni e dei timori per le prossime scosse di terremoto.

Le conseguenze

Il Myanmar vive una situazione molto complessa sotto diversi punti di vista. Alle diseguaglianze
socioeconomiche, si aggiunge la complessità della multietnicità del tessuto sociale, la presenza di molti
eserciti irregolari afferenti ai gruppi ribelli interni e la gravissima instabilità politica. Dopo decenni di
dittatura militare, e durante un breve tentativo democratico, nel 2021 un colpo di stato ha riportato al
potere i militari e da allora la Giunta militare guida il Paese. Gli scontri aperti e armati in molte zone del
Paese sono sempre stati presenti, con l’esercito nazionale che combatte contro i gruppi armati dei ribelli. In
tutta questa volatilità politica e sociale si innesta questa nuova tragedia umanitaria.

Caritas in Myanmar

La Caritas nazionale del Myanmar (KMSS, Karuna Mission Social Solidarity) e gli uffici diocesani hanno attivato e mobilitato il team per assistere la diocesi di Mandalay che è la più colpita. L’ufficio nazionale KMSS si sta coordinando con la diocesi KMSS-Mandalay per il piano di valutazione e risposta rapida dei bisogni. Dopo quattro ore in cui le scosse si sono ripetute, KMSS è stata in grado di organizzare la sessione di orientamento alla valutazione rapida dei bisogni con la partecipazione di alcuni uffici diocesani.

“I team dei soccorritori sono riusciti ad arrivare a Mandalay, la zona più colpita dal sisma del Myanmar. Le difficoltà delle prime ore sono state le comunicazioni interrotte, non solo telefono e internet, ma anche quelle fisiche, con i ponti crollati e le strade inagibili. Ora è dunque cominciata la raccolta dei bisogni, per poi lanciare operazioni di risposta di primissima emergenza. Tutto questo mentre si scava a mani nude per salvare vite umane”.

A parlare della situazione in queste ore in Myanmar è Beppe Pedron, responsabile dei progetti in Asia per Caritas Italiana. “Presto si porrà il problema delle abitazioni perché la maggior parte, nella zona dell’epicentro, sono andate distrutte e serviranno dei rifugi semipermanenti. Non vanno bene le tendopoli – spiega Pedron all’ANSA – che in queste occasioni vengono installate per la prima emergenza, perché in quella zona sono in arrivo anche i monsoni, tra giugno e luglio”. Una emergenza, dunque, nella emergenza, per un Paese da anni anche piegato dalla guerra civile. “È difficile fare previsioni puntuali ma per una ricostruzione, non solo fisica ma anche del tessuto sociale saranno necessari non meno di cinque anni”, afferma l’operatore Caritas.

Mi fido di Noi: il progetto di microcredito di Caritas Ferrara

Tra i gesti di carità e solidarietà concreti che possono arricchire, non solo materialmente, ma anche emotivamente questa Quaresima che ci accompagna verso la Pasqua, da qualche giorno c’è anche la possibilità di fare donazioni per contribuire alla crescita del progetto di microcredito “Mi fido di Noi”, dove il “noi” rappresenta l’intera comunità capace di sollevarsi e sollevare insieme a sè chi è più fragile, per continuare un cammino tutti insieme.
Si tratta di un progetto nazionale promosso da Caritas Italiana e dalla CEI (Conferenza Episcopale Italiana) cui Caritas Ferrara ha aderito.

Cos’è il microcredito

Il microcredito sociale è uno strumento della cosiddetta micro finanza, nello specifico un servizio di piccoli crediti per tutte quelle persone che non riescono ad accedere al sistema finanziario tradizionale principalmente perché non sono in grado di offrire garanzie.
«Il progetto mira ad aiutare quelle persone e famiglie vulnerabili che si trovano in una situazione di fragilità economica e spesso anche sociale – spiega Maria Teresa Stampi, una delle operatrici di Caritas Ferrara che si occuperà di seguire l’iniziativa – purtroppo questa fragilità si traduce in forme di esclusione sempre più gravi».

Come funziona

La prima fase di questo progetto riguarda l’aspetto più strettamente economico, in altre parole bisogna trovare i fondi: l’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio contribuirà fornendo un importo minimo di ingresso di 27.000 € (corrispondenti a 0,10 €/cent per abitante della Diocesi). «Questi fondi possono essere aumentati dalle donazioni – sottolinea Maria Teresa – e la cifra raccolta entro la fine del periodo di Quaresima verrà raddoppiata dal Fondo Centrale della CEI. Le donazioni al progetto naturalmente potranno continuare anche dopo ma non verranno più raddoppiate».
Il passo successivo riguarderà la formazione di operatori e volontari su un tema complesso come il microcredito, e già da ora chi fosse interessato può rivolgersi a Caritas per avere maggiori informazioni.
Al progetto “Mi fido di Noi” verrà dedicato uno spazio all’interno del nuovo centro diurno, qui saranno raccolte le richieste per essere poi valutate con il supporto della Fondazione Antiusura “San Bernardino” di Milano. «Siamo ancora un po’ lontani da questa terza fase per poter dare informazioni dettagliate – specifica Maria Teresa – sicuramente i finanziamenti, che potranno andare da un minimo di mille a un massimo di 8mila euro, verranno erogati sulla base di una progettualità sostenibile, con un piano di rientro monitorato del credito senza interessi. I rimborsi da parte dei beneficiari torneranno poi nelle disponibilità della Diocesi per nuovi finanziamenti. Le persone e le famiglie che entreranno nel circuito del microcredito verranno accompagnate lungo tutto il percorso di sostegno economico e di educazione finanziaria dagli operatori e dai volontari, avranno supporto lungo la strada dell’autonomia economica per poter creare reti sociali all’interno delle comunità».

Una sfida per il bene della comunità

È la prima volta che Caritas Ferrara si occupa di un progetto di microcredito, una bella sfida per operatori e volontari che hanno bisogno quindi dell’aiuto di tutti per poter far funzionare un’iniziativa così importante. «Chiediamo a tutte le comunità di farsi promotrici del progetto “Mi fido di Noi”, di darne visibilità e di impegnarsi materialmente e spiritualmente in questo cammino di condivisione per dare significato reale al Giubileo della Speranza. Papa Francesco ha detto “Dobbiamo tenere accesa la fiaccola della speranza che ci è stata donata e fare di tutto perché ognuno riacquisti la forza e la certezza di guardare al futuro con animo aperto, cuore fiducioso e mente lungimirante”. Da soli si è sempre più fragili ma insieme, sostenuti da una maglia di rapporti e di relazioni, si può davvero riaccendere la speranza».

Come contribuire

Chi volesse contribuire, con qualsiasi cifra, al progetto, può farlo donando tramite bonifico intestato all’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, con CAUSALE: Quaresima di Carità 2025, sull’IBAN: IT03D0538713004000002957007.
Ci fidiamo e affidiamo a voi!

Caritas Ferrara cerca uno spazio per l’ambulatorio dentistico 

Non ci si ferma mai in Caritas: sempre alla ricerca di nuovi modi per stare accanto ai più fragili.  Alla ricerca di spazi per progetti che possano rispondere alle diverse esigenze delle persone in difficoltà.

Manca poco all’apertura del Centro diurno (puoi leggerne cliccando qui) e già si pensa ad un nuovo servizio: un ambulatorio dentistico che possa offrire cure per uno degli aspetti più delicati della salute e del benessere personale. Un’esigenza diffusa tra chi si rivolge a Caritas, ma c’è bisogno di aiuto per trovare uno spazio adatto.

Cosa stiamo cercando?

“E’ un’altra di quelle cose che a Ferrara manca – racconta Paolo Falaguasta, direttore di Caritas Ferrara – i nostri ambulatori di medicina di base di via Brasavola non hanno strumentazioni particolari, non sono attrezzati per diventare un ambulatorio dentistico, che per essere a norma deve avere due bagni, uno per il personale e uno per gli utenti, una sala d’attesa, uno spogliatoio, l’ambulatorio vero e proprio e una zona sterilizzazione. Stiamo cercando un appartamento di almeno 70 metri quadri ma è davvero difficile trovarlo. Non è fondamentale che sia già pronto e attrezzato, certo se fosse uno spazio già predisposto, magari di un dentista che va in pensione, sarebbe meglio, ma a noi andrebbe bene anche un locale da convertire in ambulatorio. Ci interessa la metratura e che abbia almeno un bagno, per l’altro possiamo intervenire”.

Il diritto alla cura

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Caritas Ferrara: quasi pronto il nuovo Centro diurno

Caritas Ferrara lo aveva in mente da tempo, consapevole che la città ne aveva bisogno. “A pensare le cose siamo bravi, poi non sempre è facile realizzarle” spiega il direttore Paolo Falaguasta. Anche se ci è voluto un po’, entro il prossimo mese di marzo il nuovo Centro diurno diventerà realtà. Sarà in via Arginone 159, di fianco ai locali già utilizzati da Caritas per la consegna e la distribuzione dei vestiti.

“Ci avevamo già provato prima del Covid – racconta Falaguasta – lo avevamo aperto in via Brasavola, dove c’è anche la mensa, eravamo aperti tra il pranzo e la cena e di persone ne venivano davvero tante, poi abbiamo dovuto chiudere per la pandemia, ma il desiderio di fare qualcosa è rimasto. Sapevamo che era un’esigenza, a Ferrara non ci sono altri centri diurni, avevamo capito che un luogo del genere potesse essere interessante per tutte quelle persone che ad oggi vivono fuori, con il caldo, il freddo e tutte le difficoltà del caso. Tutti quelli che vanno nei dormitori, che aprono la sera e chiudono al mattino, durante il giorno non sanno dove stare, volevamo provare a toglierli dalla strada, conoscerli e tentare di dare un piccolo aiuto in base alle loro necessità o problematiche. A volte qualcosa si può fare, ma per mancanza di conoscenza delle risorse del territorio non si fa niente, basterebbe avere un’informazione in più. Portare avanti un impegno del genere in via Brasavola era difficile, si creava un servizio continuo, praticamente ininterrotto dalla colazione alla sera, non eravamo abbastanza organizzati. Un anno fa abbiamo cominciato a cercare un’alternativa e quando a settembre Il Germoglio ha lasciato questi locali li abbiamo presi noi e da ottobre siamo entrati e abbiamo iniziato la ristrutturazione, grazie ai fondi di Caritas italiana, Comune di Ferrara, Fondazione Estense e Migrantes”.

Il nuovo Centro

Il Centro ha come obiettivo principale la condivisione di spazio e di tempo, la comunicazione, la reciproca conoscenza, vuole essere un luogo dove si possono anche creare delle occasioni: qualcuno che magari ha delle capacità lavorative, ma per qualche motivo non è riuscito a metterle in pratica, qui può trovare chi ha bisogno di lui: ci può essere un incontro tra domanda e offerta. Molte persone che vivono fuori hanno problemi sanitari e non sanno che in Caritas ci sono gli ambulatori medici. Il Centro potrà servire per far conoscere i vari servizi che ci sono sul territorio.

L’orario di apertura per i primi tempi sarà dalle 14:30 alle 18, per due o tre pomeriggi a settimana, poi in base ai volontari, si potrà anche fare qualche apertura in più. Per questo l’appello di Falaguasta e tutta Caritas Ferrara è quello a candidarsi come volontari per garantire questo nuovo e importante servizio.

La struttura

L’ambiente principale è la sala comune, dove si potrà guardare la tv, giocare a scacchi, a carte, “abbiamo optato per giochi di compagnia – sottolinea Falaguasta – per stare insieme, incontrarsi, mescolare agli ospiti i volontari, che saranno una pedina fondamentale, vogliamo che ci sia un confronto per conoscersi. A disposizione ci sarà anche una cucina nuova di zecca, che in realtà fungerà più da bar, dove si potranno preparare caffè, tè, cioccolate, spremute e scaldare ciò che le pasticcerie ci regalano. L’idea è quella di offrire una merenda sostanziosa, un pasto veloce, visto che in Caritas non diamo più la cena. Qui è tutto elettrico, un altro progetto a lungo termine a cui abbiamo pensato, è quello di montare sul tetto i pannelli solari, per poter abbattere i consumi e avere una gestione attenta delle risorse”. E un ulteriore progetto, più a breve termine rispetto ai pannelli, riguarda la sistemazione del giardino, per poterne usufruire il prima possibile come valida alternativa agli ambienti interni durante le stagioni più calde, “metteremo fuori tavoli, sedie, ombrelloni, e poi ci sarà anche un barbecue”.

Come si accede

Per accedere al Centro, Caritas chiede solo di compilare un modulo, poi viene rilasciata una tessera che vale per poter usufruire di tutti i servizi. Chi è già iscritto naturalmente potrà accedere. Falaguasta racconta che si tratta di una raccolta dati che ha solo un valore statistico, per capire a fine anno in quanti si sono rivolti alla Caritas, se più italiani o stranieri, giovani o anziani e di che cosa hanno avuto bisogno.

Un ufficio con tanti servizi

Insieme al Centro diurno, sempre in via Arginone, verrà inaugurato anche un nuovo ufficio: “Un Caf che non è un Caf – lo definisce il direttore di Caritas – non si fa nulla di quello che fa un Caf, non siamo in competizione o alternativa a loro, ma l’idea di fondo è la stessa. Tutto quello che il singolo cittadino riesce a fare a casa propria con l’utilizzo del computer non è possibile per tutte le persone che transitano sul territorio: per esempio l’iscrizione dei bimbi all’asilo, la domanda per avere lo Spid e il Fascicolo Sanitario Elettronico, prendere appuntamento online per il “salta coda” per gli stranieri che devono fare la richiesta di nuova tessera sanitaria. I volontari di questo ufficio affiancheranno le persone che per non conoscenza della lingua, di come si usa un pc o per mancanza dei mezzi stessi, non possono compiere operazioni che per tutte le altre sono semplici. Non ci sostituiamo alla persona: hai una necessità, vieni qui e noi ti aiutiamo, vogliamo darti un’autonomia, insegnarti a usare da solo le tue password e la tua casella di posta elettronica e per questo verrà creata anche una postazione libera, chi sa già fare, potrà usare pc e internet. Sappiamo per esperienza che le necessità sono tante, cerchiamo di affiancare l’utenza in difficoltà per fare quello che fanno tutti, così non intasano altri uffici inutilmente, è anche un aiuto alla cittadinanza”.

Gli orari di questo ufficio, a cui si potrà accedere sempre gratuitamente, saranno diversi da quelli del Centro diurno: probabilmente una volta alla settimana, dalle 9 alle 12, per partire, poi come sempre in base alla mole di lavoro e ai volontari le aperture potranno aumentare.

Il fermo posta

A completare i servizi di via Arginone ci sarà anche quello di fermo posta, perché una delle necessità delle persone senza fissa dimora è avere un posto dove farsi inviare documenti.

“Vedremo poi giorno per giorno che cosa ci verrà chiesto di fare, siamo qui anche per ascoltare, noi cerchiamo di essere sempre più vicini alle necessità di persone che vivono in uno stato di disagio temporaneo o permanente e naturalmente siamo sempre alla ricerca di volontari che ci diano continuità, per tutti i servizi, compresi il Centro diurno e il nuovo ufficio” ricorda Falaguasta.

Per sapere come diventare volontario Caritas si può compilare questo form.

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A Caritas Ferrara il Premio Stampa 2025 di ASFE

Si è riunita mercoledì, come consuetudine all’Astra Hotel di viale Cavour, l’assemblea dei giornalistidell’Associazione Stampa Ferrara, sezione provinciale dell’Associazione Stampa Emilia-Romagna, il sindacato dei giornalisti. L’incontro era finalizzato all’attribuzione del Premio Stampa, tradizionale riconoscimento dello storico sodalizio che nel 2025 festeggia i propri 130 anni di vita.

L’associazione presieduta da Antonella Vicenzi (presenti per l’occasione anche il presidente Aser Paolo Maria Amadasi e il segretario aggiunto Fnsi Matteo Naccari) ha deciso a maggioranza di premiare la Caritas diocesana Ferrara e Comacchio, che si distingue “per l’elevato valore sociale delle attività di promozione e coordinamento delle iniziative caritatevoli e di assistenza in vista dello sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi”. L’organismo pastorale è espressione della dimensione caritativa dell’Arcidiocesi guidata da monsignor Gian Carlo Perego, il direttore Paolo Falaguasta ne gestisce l’attività ordinaria. Assostampa Ferrara esprime il proprio apprezzamento per la scelta della Caritas diocesana, che con i suoi volontari testimonia l’impegno concreto e quotidiano a beneficio delle persone bisognose di aiuto, contribuendo in questo modo a dare lustro alla città e al territorio.

Il riconoscimento sarà consegnato nel corso di una cerimonia che si terrà a Palazzo Naselli Crispi (via Borgoleoni 28 a Ferrara), prestigiosa sede del Consorzio Bonifica Pianura di Ferrara.

La cerimonia del Premio Stampa 2025 è inserita nel programma dei festeggiamenti del 130esimo anniversario della fondazione, il cui calendario di iniziative è in corso di elaborazione.

«Come Caritas Diocesana di Ferrara e Comacchio – ha commentato il direttore Paolo Falaguasta – siamo felici e onorati per questo prestigioso riconoscimento da parte dell’Associazione Stampa Ferrara. Dal 1973 ci impegniamo 24 ore su 24, ogni giorno della settimana, per fornire pasti, offrire vestiti e generi di prima necessità e sviluppare progetti di accoglienza, supporto e reinserimento per tutte le persone fragili e bisognose, singole o con nuclei familiari, italiane e straniere, che si trovano nel territorio di Ferrara e in tutta la provincia, attraverso le Caritas Parrocchiali. Una rete di operatori qualificati e volontari che da oltre 50 anni contribuisce con grande dedizione a migliorare la vita degli individui e delle comunità. Siamo felici di condividere con loro, con il nostro Vescovo Monsignor Giancarlo Perego e con tutti i nostri sostenitori la gioia di questo premio. E rivolgiamo un sentito ringraziamento alla stampa locale ferrarese per questo attestato di stima e per l’attenzione che dedica alle nostre attività, aiutandoci a farle conoscere e crescere sempre di più».

Lo sportello di ascolto psicologico di Caritas Ferrara e Sipem

“E’ importante sapere che c’è un luogo dove puoi portare le “cose pesanti” che ti senti addosso e le puoi lasciare lì per un po”. In questa frase di Estella Guerrera, psicologa volontaria di Sipem, la Società Italiana di Psicologia dell’Emergenza Sezione Emilia Romagna, è racchiuso il senso dello sportello di ascolto psicologico a cui, dal 2024 è possibile rivolgersi, all’interno dell’ambulatorio medico di Caritas Ferrara, in via Brasavola 19.

Lo sportello è frutto di un protocollo tra Sipem e Caritas partito a maggio dello scorso anno. Ad oggi gli utenti accolti dai sei psicologi coinvolti sono stati 12, per un totale di 27 incontri. Potrebbero sembrare numeri piccoli, ma per i promotori sono indice di un bisogno che va soddisfatto e così si continuerà anche nel 2025, il protocollo è stato infatti rinnovato per un altro anno.

“Ci siamo inseriti nel lavoro dell’ambulatorio sanitario di Caritas – spiega Guerrera – e lavoriamo in rete, l’invio del paziente da noi viene fatto dai medici dell’ambulatorio, se il medico individua delle situazioni che possono beneficiare di un supporto psicologico, manda il paziente a colloquio con noi. Siamo comunque uno sportello aperto, a bassa soglia, quindi se c’è qualcuno che vuole prenotarsi anche spontaneamente, tramite Caritas, può farlo. In generale si accede per ragioni di salute fisica e poi si viene indirizzati al nostro sportello”.

Lo sportello è aperto a tutti i cittadini, italiani e stranieri che accedono ai servizi Caritas.

Chiediamo a Guerrera chi ha incontrato nel 2024: “Chi è senza casa, chi cerca lavoro, chi viene in mensa, persone che non hanno la possibilità di avere un supporto psicologico di altro tipo, che non hanno accesso al servizio pubblico per varie ragioni, anche semplicemente perché non conoscono le possibilità che ci sono. Noi per esempio, se è necessario facciamo un invio, sempre tramite il medico dell’ambulatorio, al Centro di Salute Mentale. Si tratta di un servizio importante per la possibilità di supportare la parte emotiva delle persone, facciamo molto lavoro di supporto psico sociale, cerchiamo di capire che tipo di bisogni, anche non psicologici, la persona ha che impattano sul suo benessere psicologico. Per esempio: il lavoro o una casa precaria sono fonte di stress, si tratta di bisogni di base che incidono sulle possibilità delle persone di percepire benessere. Altro esempio: difficoltà con la lingua: se non parlo non mi sento a mio agio. Il nostro scopo è cercare di capire, insieme a Caritas, che tipo di supporto psicosociale esiste a livello di territorio. E’ fondamentale il tema della rete, fare rete con il Servizio di Salute Mentale e con i Servizi Sociali”.

Guerrera ci tiene a spiegare che non è un intervento di tipo specialistico, non è psicoterapia, “non siamo abbastanza strutturati per una cosa del genere, anche perché ci turniamo in sei e quindi psicologi diversi possono rivedere la stessa persona. Noi siamo qui per cercare di stabilizzare, per fare psicoeducazione, per accompagnare la persona a capire come si sente e come fare a usare le proprie risorse per ricostruirsi. Anche solo aiutandole a trovare un’attività che le possa impegnare durante la giornata, contribuisci a farle sentire meglio: sapere che c’è un posto dove andare se si è in difficoltà aiuta molto”.

Quali sono le problematiche più comuni che sono emerse nei colloqui?
“Sicuramente al primo posto metterei l’inserirsi nel sistema, le difficoltà della lingua (io stessa faccio i colloqui con il traduttore online a volte), l’inclusione sociale, la mancanza di una rete di supporto, sono tutte cose che possono portare a situazioni di isolamento, solitudine, molto rischiose per la salute mentale. Ci sono poi anche problematiche legate a situazioni di sofferenza dovute a traumi, lutti, separazioni da amici e famigliari. Spesso capita che un paziente vada in ambulatorio per l’insonnia, per poi scoprire che in realtà non è un problema fisico ma la reazione ad alcuni tipi di stress. Noi cerchiamo di aiutare le persone a validare le emozioni, a far capire che essere triste può essere una reazione normale in certe situazioni. Poi ci sono problematiche legate al progetto di vita: chi sono, di cosa ho bisogno, cosa voglio, dove sto andando e cosa posso fare per arrivarci, se voglio davvero arrivarci. Spesso le persone sentono dei sintomi fisici, per questo il medico di base è un punto di ingresso. Ci si “preoccupa” del sintomo, noi prendiamo in carico le “preoccupazioni”, le persone hanno bisogno di tempo per capire che quello che sentono è qualcosa di tipo emotivo, poi quando iniziano spesso tornano, questo  vuol dire che si ha consapevolezza di uno spazio di ascolto, che c’è un luogo dove puoi portare le cose e le puoi lasciare un po’ lì se sono pesanti.

Per me che sono volontaria di Sipem dall’anno scorso – conclude Guerrera – è stato molto bello partecipare a questo progetto, è stata un’opportunità per dare il mio contributo perché il supporto psicologico sia accessibile a persone che non hanno la disponibilità economica per un percorso a pagamento, persone che vivono in condizioni di possibile emarginazione. E’ bello restituire qualcosa alla comunità in termini di gratuità”.

Il medico di base è il punto di ingresso per lo sportello psicologico, ma ad aprire la porta dell’ambulatorio è letteralmente Bakary Kone, arrivato dalla Costa D’Avorio ormai 8 anni fa e oggi responsabile di tutta l’organizzazione dell’ambulatorio.

“Siamo aperti dal lunedì al venerdì, dalle 11 alle 13 e all’ambulatorio hanno accesso tutti. Per lo sportello psicologico: il paziente va dal medico e questo valuta se farlo entrare nel servizio, gli spiega il percorso, viene creata una cartella Sipem e poi io gli do l’appuntamento in base alla disponibilità degli psicologi”. Bakary, che tutti ormai in Caritas chiamano Bak, è molto sincero e spiega che a volte alcuni pazienti tornano solo se sono in difficoltà, cioè non si impegnano a seguire un certo tipo di percorso, “io magari li rivedo qui per altri motivi e allora cerco di mettere insieme i pezzi, approfitto, chiacchiero, cerco di capire di cosa hanno bisogno e poi aggiorno gli psicologi”. Anche far sì che si presentino all’appuntamento è un vero e proprio lavoro: “Per essere sicuro che vengano 3 o 4 giorni prima li richiamo e poi li richiamo anche il giorno prima. E qualcuno non viene lo stesso”. Non è facile far funzionare un servizio del genere, a volte al dolore psicologico o a quello emotivo non si dà abbastanza peso.

Poi però ci sono anche i casi che dimostrano che si sta percorrendo la strada giusta, nonostante le difficoltà, che il bisogno c’è.
“Abbiamo già le cartelle di due studenti universitari che vorrebbero venire, ma stanno facendo il tirocinio e quindi non riescono a incastrare gli orari e gli appuntamenti. Si tratta di ragazzi che non possono pagare le spese mediche e allora si rivolgono a noi”.

Nel 2024  allo sportello psicologico si sono presentati più uomini che donne, stranieri, ma anche un italiano.

Per Kone poter aiutare queste persone è motivo di orgoglio: “Sono arrivato su un barcone in Sicilia, poi mi sono trasferito a Stienta, in provincia di Rovigo, con un progetto della cooperativa Tutti i colori. Venivo a Ferrara a studiare al Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti (CPIA), ho preso la terza media, poi ho fatto il Servizio civile con la Croce Blu di Gaiba (RO) e il corso da Operatore Socio Sanitario a Ferrara, ho lavorato in una casa di cura a Ficarolo (RO), poi a Fiesso (RO), nel frattempo facevo ancora il mediatore per la cooperativa Tutti i colori, ho anche portato avanti un progetto di sartoria perché sono sarto. Poi un giorno ho letto l’annuncio di Caritas per un mediatore e sono arrivato qui. Mi hanno messo subito in ambulatorio, visto che ero Oss e potevo aiutare i medici, in più parlo francese, inglese ma soprattutto un paio di lingue che si parlano solo nell’Africa occidentale. Oggi sono contento di quello che faccio, anche se vado avanti e indietro da Fiesso, dove abito. Qui ho visto davvero tanto, l’aspetto bello che mi spinge sempre ad andare avanti è che riusciamo a dare più aiuto di quello che la gente pensa, ci chiedono spesso: ma voi fate anche questo? Sì lo facciamo”.

Oltre ad essere a disposizione dell’ambulatorio, Kone accompagna le persone alle visite, le aiuta a prendere gli appuntamenti, va in farmacia per chi non può, è anche responsabile di una casa famiglia a San Nicolò: “La mia giornata è sicuramente piena e sono molto orgoglioso del mio percorso, non è stato facile, ma se uno vuole ce la fa”.

E se non ce la fa da solo può rivolgersi allo sportello psicologico, la porta gliela apre Bak.

 

I volti amici del volontariato responsabile di Caritas Ferrara

La scorsa settimana, in occasione della 39esima Giornata Mondiale del Volontariato, abbiamo raccolto il messaggio di Monsignor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara – Comacchio, che invitava a pensare di donare il proprio tempo per un volontariato responsabile, continuativo, perché di questo hanno più bisogno le persone in difficoltà: di certezze, di figure di riferimento, di volti amici.

In Caritas è facile trovarli. Ecco le storie di alcuni di loro.

Amedeo ha 87 anni, è stato un dirigente di azienda e il volontariato lo ha incontrato presto: “Ho  iniziato quando avevo 13 anni con gli scout, nel 1951, con l’alluvione del Polesine, ci mandarono in una palestra dove si raccoglievano indumenti che venivano poi distribuiti agli sfollati. Sono rimasto a fare volontariato lì un anno e mezzo circa”. Da quel momento non ha più smesso. Dal 1978/79 al 2010 lui e la moglie Anna Paola sono stati volontari di Amnesty International e hanno fondato il gruppo di Ferrara. “Sono stato proboviro della sezione italiana, vicepresidente e anche presidente nazionale, ho davvero ricoperto un po’ tutti gli incarichi. Quando ho lasciato non ero capace di stare senza fare niente. Sono arrivato in Caritas quattro anni fa tramite mia figlia che è scout, mi ha portato come “vecchio scout” per aiutare a distribuire i pasti in mensa. Poi mi sono dedicato anche al servizio  in carcere, sui detenuti sapevo qualcosa, dopo 30 anni con Amnesty International. Alla mensa della Caritas  vado ogni venerdì, in carcere una o due volte al mese. Continuo  a fare volontariato con gli scout e vado anche a dare una mano all’associazione Viale K”.

Amedeo l’idea di mettersi a disposizione degli altri ce l’ha proprio nel sangue. E’ cresciuta con lui.

“Ho avuto qualche momento difficile qui in Caritas, per esempio quando in mensa ho incontrato due ragazzi giovani che non parlavano, il primo era proprio muto, il secondo piano piano ha cominciato ad aprirsi, è arrivato anche a dirmi che si chiama Francesco e adesso almeno ci sorridiamo.

Anche in carcere ci sono situazioni pesanti. Ricordo un ragazzo giovane di colore che non interagiva, sempre con la testa china, non ascoltava, sembrava un fantasma. Poi ho scoperto che purtroppo era rimasto vittima delle droghe e non si era più ripreso”.

Quale pensi sia il valore del servizio che svolgete per voi stessi, a livello personale, e quale invece per la comunità?

“Per me il valore è sempre quello che ho acquisito sin da quando facevo lo scout: poter favorire qualcuno che è in difficoltà. Io ho avuto la fortuna di non averle. Spero che la comunità apprezzi quello che facciamo”.

Anna Paola è la moglie di Amedeo, ha 79 anni, e si è sempre occupata dell’impresa agricola di famiglia.
“Il volontariato per me è cominciato insieme a mio marito con Amnesty International. La motivazione che mi ha spinta più di tutte è stata la possibilità di fare interventi apartitici, apolitici, legati all’essere umano, poca teoria e molta pratica. Quando Amedeo ha iniziato a venire in Caritas io non ci avevo pensato, poi lui mi ha detto perché non vieni a vedere? Sono venuta ad aiutare in mensa e non me ne sono più andata. E’ il contatto con le persone che mi è sempre piaciuto, anche se l’impatto con gli ospiti è sempre particolare, io sono molto sensibile quando vengono le mamme con i bambini piccoli, cerco sempre di avere un aggancio con loro. Il valore di quello che faccio per me è quello di sentirsi viva in mezzo al mondo, avere dei contatti è basilare, la vita è fatta di relazioni, lo scambio è importante. Penso sempre che è un caso che io sia nata in una parte più fortunata, potevo benissimo essere dall’altra parte. Consiglio a chiunque di fare un po’ di volontariato, certo bisogna avere le spalle per reggere tante emozioni, ma ricevi molto di più di quello che dai”.

Amedeo e Anna Paola le loro scelte di vita le hanno già fatte, Lavinia invece, che ha 19 anni ed è fresca di diploma, ancora non sa bene che direzione prenderà la sua di vita. “Dovevo iniziare l’università ma volevo prima chiarirmi un po’ le idee, ho fatto il Carducci e ho studiato cinese, francese e inglese. Durante il liceo ho fatto un anno in Canada dove ho visto veramente una situazione molto grave riguardo ai senza tetto, dopo il covid lì si è perso il concetto di aiutare l’altro e quando sono tornata mi sono sentita persa anch’io, volevo capire cosa potevo fare per aiutare e così sono venuta in Caritas”.

Lavinia è volontaria da due mesi e l’inizio non è stato facile: “Mi è venuto un attacco di panico in mensa, un ragazzo aveva perso il telefono e aveva iniziato a disperarsi, per fortuna gli altri volontari mi hanno tranquillizzata. Io sono ansiosa e venire qui ha aiutato anche me, adesso quando vedo altri che sono in difficoltà mi viene più facile cercare di calmarli. Faccio la volontaria in mensa il giovedì e due martedì al mese sono al guardaroba per i senza tetto. Quando sono arrivata non nascondo che ho trovato una realtà peggiore di quella che mi aspettavo: non credevo di incontrare così tanti italiani, anche anziani. Questo mi spinge anche a volerne sapere di più sul perché si sono ritrovati in questa situazione, vorrei documentarmi di più. Il valore di questo servizio per me è dato dal fatto che io possa e riesca a lavorare con altre persone, questa è un’esperienza che mi servirà in tutto, anche nel mondo del lavoro. Caritas mi ha dato un posto dove stare, dove fare esperienza, dove aiutare ed essere aiutata. Per quanto riguarda il valore per la comunità: la Caritas non fa sentire le persone solo calpestate dalla vita. Non lascia indietro nessuno”.

Chiara ha 23 anni, viene da Brescia ed è studentessa al 5° anno di medicina. “Ho iniziato a fare volontariato al liceo, con progetti come il doposcuola per bambini, cucinare e servire un pasto caldo per i senza fissa dimora che stavano in un dormitorio, poi raccolta fondi, vendita di arance, panettoni, uova di Pasqua. Quando mi sono trasferita a Ferrara ho iniziato facendo la volontaria con la Croce Rossa e poi sono arrivata alla Caritas, cercavo qualcosa di simile a quello che avevo fatto prima. Mi era piaciuto stare con gli ospiti del dormitorio, il contatto umano.  Chiara è stata anche due volte in Brasile, con una onlus di Brescia, nel 2022 e nel 2023. “Ero in un collegio per bambini che vengono dalle favelas, a Fortaleza, una delle città più povere del Brasile, ci occupavamo della manutenzione della struttura, lì però non avevo mai interagito con persone adulte”.

La motivazione che la spinge è molto semplice: “Per me è la cosa più naturale del mondo aiutare chi è meno fortunato di noi. Ho sempre voluto fare il medico per stare con le persone, fa parte del mio carattere”.

Per questo forse quando è arrivata in Caritas credeva di essere più pronta: “In realtà io avevo avuto a che fare con dei bambini in un collegio con un approccio diverso, qui ho incontrato persone che sono state in carcere, vivono per strada, al freddo, all’inizio ho fatto fatica sono sincera. Ora invece mi sento alla pari con gli altri volontari, non ti trattano da studentessa, siamo tutti allo stesso livello, anche con quelli che hanno più esperienza.

Il valore di questo servizio per me è la possibilità di raccogliere storie, ogni storia che sento per me è un valore aggiunto. Per la città spero che il valore risieda in un po’ di umanità che non fa mai male”.

Anche Giulia studia medicina, al 4° anno, ha 21 anni e viene da Milano.
“Sono in Caritas da maggio 2024, la mia famiglia è molto cattolica e io ho sempre respirato l’idea del volontariato come rendersi disponibili per gli altri, vivere pensando solo a se stessi non ti arricchisce come mettersi a disposizione degli altri. La svolta però c’è stata l’anno scorso quando sono andata con mia nonna  a Lourdes. Mi occupavo degli ammalati, per dieci giorni sono stata totalmente a disposizione degli altri, dalle 6 di mattina alle 11 di sera. E’ stata un’esperienza unica: ero contenta, nonostante non usassi mai il telefono, ho capito che mi serviva poco per stare bene, mi dava gioia non occuparmi solo di me, poi occupandosi degli altri in realtà ti occupi anche di te stesso, guardi le tue esigenze in un altro modo. Quando sono rientrata ho cercato un luogo che mi facesse tornare a quella dimensione e in Caritas l’ho trovato.

Il valore di questa esperienza per me è proprio questo: ridimensioni tutto, non senti più il bisogno  di controllare ogni cosa, vieni qua e senti storie di chi non sa dove dormire, mangiare, come coprirsi,  capisci che sono cose che ti fanno crescere e conoscere il mondo senza muoverti da casa. Il mondo è molto più grande di quello che pensi tu, basta guardare la gente attorno a te. Io finora sono stata al servizio di guardaroba e il momento più bello è quando compilo la scheda di registrazione dei nuovi utenti, perché posso fare tutte le domande che voglio e ho sempre incontrato persone che avevano voglia di raccontarsi. Qui mi ha stupito la fiducia nei miei confronti, io mi sono sentita responsabile, è stato bello interagire senza schemi prestabiliti. Non mi sono mai sentita in difficoltà. I volontari sono subito pronti a darti una mano. Il valore di questo servizio per la comunità sta nel fatto che quelle che aiuti sono persone che vivono nella nostra città, ricevere vestiti e pasti caldi gli permette di vivere in un modo più dignitoso ed essere meno arrabbiati nei confronti del mondo, se la tua vita ti sembra allo sbaraglio non ti poni il problema di cosa sia giusto o sbagliato”.

A chi consigliereste il volontariato?

Lavinia: a tutti coloro che a scuola si sono un po’ persi, per ritrovare se stessi.

Chiara: per essere un buon volontario bisogna essere empatici e non giudicanti. Lo consiglierei a chi vuole fare e farsi del bene. Ma te lo devi sentire.

Giulia: io lo consiglio a tutti. Continuo a raccontare le storie che incontro alla Caritas e tre miei amici vogliono venire anche loro, certo è difficile trovare il tempo, ma anche far nascere il desiderio e la curiosità è bello. E’ importante anche chi ti accompagna nel volontariato, ci deve essere fiducia in questa persona.